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(di Giacomo Alberto Manzo e Tiziana Paterno’)

Il mercato enologico ha visto decisamente crescere l’attenzione verso i vini naturali da parte di consumatori oggi desiderosi di prodotti genuini e rispettosi dell’ambiente, fenomeno che ha iniziato ad influenzare sia la produzione sia la normazione di settore.

L’odierno concetto di “vino naturale” nasce dalle rivendicazioni dei vignaioli francesi d’avangard dei primi del 900, che si battevano per la legittimazione di un vino naturale senza aggiunta di acqua e zuccheri, giungendo alle frontiere degli anni 2000 con associazioni di produttori come VinNatur, SAINS e Triple A, nate, in nome dell’unicità e della naturalità, in opposizione alle standardizzazioni del vino delle multinazionali.  Prepotente espressione di un inalterato terroir e di un gusto originario del vino, scevro da manipolazioni, il termine naturale rappresenta nel vino una filosofia di vita che in parte va oltre i principi della viticoltura biologica accogliendo anche quelli della biodinamica.

Il vino naturale gioca, dunque, la sua partita orgoglioso del suo unicum distintivo e che, proprio per tale ragione, sfugge ad una classificazione rigida. Difatti il vino “naturale” è realmente una categoria e uno stile o piuttosto, sposando una sintesi di Angelo Gaja, solo un “aggettivo”, una “filosofia” di un certo modo di fare vino?

Se dunque la naturalità del vino si fonda su un concetto di così incisiva forza filosofica, potrebbe apparire dissonante quella volontà di etichettarlo all’interno di uno schema normativo come quello dei consorzi di tutela che, per loro stessa natura, impongono disciplinari rigidi e regole cogenti che mal si sposano alle logiche di evoluzione di un vino nella sua naturalità, di un prodotto che utilizza interventi minimali sia in vigna che in cantina, ripudiando ogni logica di enologia interventista.

Le normative DOC richiedono pratiche di vinificazione specifiche, che potrebbero non allinearsi ai principi di una vinificazione naturale quanto piuttosto al rispetto di precisi standard varietali, tecniche di produzione, rese e altri criteri. Se la DOC tende a premiare la coerenza e l’uniformità, la “naturalità” sembrerebbe tendere invece a premiare l’unicità del vino, anche talvolta elevando a pregio certe imperfezioni considerate peculiarità.

In sintesi, mentre la degustazione di questa tipologia di vino è in grado di offrire esperienze interessanti, la sua pratica produttiva e di vinificazione la rende spesso incompatibile con le normative delle denominazioni.

Inoltre questa assoluta libertà dei vini naturali di uscire fuori dagli schemi non permette loro di acquisire una definizione universalmente accettata, un consenso unanime sulla definizione di “vino naturale”, né tantomeno una certificazione ufficialmente riconosciuta. Proprio l’assenza di ciò crea confusione nel consumatore e disomogeneità nella qualità e nelle pratiche tra i vari produttori, rendendo difficile per l’acquirente fidarsi di fronte ad un’etichetta di tale tipologia.

Di pari passo alla maggiore attenzione verso la sostenibilità ambientale e alla loro costante crescita di domanda sul mercato è aumentata anche la richiesta di una maggiore chiarezza informativa in merito al prodotto acquistato. La necessità di una regolamentazione unitaria per i vini naturali appare ormai un tema urgente: una normativa unitaria proteggerebbe la qualità e la reputazione dei vini naturali, salvaguardandoli da quei produttori che potrebbero invece approfittare del termine per vendere prodotti di qualità inferiore. La trasparenza nelle pratiche di produzione diventa fondamentale per trasmettere fiducia e una regolamentazione chiara potrebbe solo che aiutare i consumatori a compiere scelte più informate e consapevoli in merito ai valori e le caratteristiche distintive dei vini naturali.

Attraverso il dialogo e la collaborazione tra produttori si potrebbe quindi giungere ad una condivisione di linee guida a livello internazionale e all’introduzione di standard unitari in grado di valorizzare le specificità locali, seppur inserite in un contesto più ampio. Una tale regolamentazione rappresenterebbe per i vini naturali non solo un passo verso una maggiore trasparenza ed un riconoscimento di questi prodotti, ma anche un contributo fondamentale alla qualità e alla valorizzazione del patrimonio vitivinicolo.