“L’Italia senza la Sicilia, non lascia nello spirito immagine alcuna. È in Sicilia che si trova la chiave di tutto […] La purezza dei contorni, la morbidezza di ogni cosa, la cedevole scambievolezza delle tinte, l’unità armonica del cielo col mare e del mare con la terra… chi li ha visti una sola volta, li possederà per tutta la vita“ .
Johann Wolfgang von Goethe – 1817
La 18°edizione di Sicilia En Primeur, il più importante evento internazionale itinerante di promozione del territorio siciliano ideato nel 2004 da Assovini Sicilia, è tornato quest’anno in presenza, dopo gli anni della pandemia, nella suggestiva cittadina medievale di Erice presso il Centro di Cultura scientifica Ettore Majorana.
Sette enotour per la stampa di settore alla scoperta delle molteplici varietà vitinicole nelle varie aree della regione (che ho immaginato come una sorta di viaggio di goethiana memoria, n.d.R.), l’anteprima dei vini dell’ultima vendemmia in commercio, cinquecento vini in degustazione, una speciale masterclass sul vitigno Catarratto condotta dal prof. Nicola Francesca, dal giornalista enogastronomico Francesco Pensovecchio e dall’enologo Vincenzo Naselli. Anche gli studenti dell’Istituto alberghiero di Erice e i suoi ristoratori sono stati coinvolti nell’evento con un grandioso lunch buffet organizzato presso i Giardini di Balio del Castello di Venere, luogo di suggestiva vista e bellezza, a 740 mt. sul livello del mare.
In Sicilia il binomio vino-cultura è ormai ben affermato, grazie anche ad Assovini Sicilia, l’associazione di 90 aziende vitivinicole siciliane di piccole e grandi dimensioni che condividono il controllo della filiera vitivinicola, la produzione di vino di qualità imbottigliato e una visione internazionale del mercato.
Il titolo scelto quest’anno “Back to the roots. La Sicilia che vive il futuro” è stato anche il tema del convegno inaugurale al quale sono intervenuti ottanta giornalisti italiani e stranieri, scienziati, studiosi, pubbliche istituzioni ed enologi, per una riflessione ed un dibattito sul futuro della vitivinicoltura siciliana.
A fare gli onori di casa, il sindaco Daniela Toscano ed il dott. Lorenzo Zichichi del Centro Internazionale di Cultura Scientifica Ettore Majorana.
Laurent de la Gatinais, presidente di Assovini Sicilia, ha definito l’isola “un continente in miniatura”, affermando che la sua diversità sarà la chiave di volta per il suo stesso futuro nell’ambito del cambiamento climatico, un futuro in cui AssoviniSicilia mira ad essere portavoce e pioniere di nuovi modelli di viticoltura. La tesi è sostenuta anche da Matteo Filippi, enologo e fondatore di Uva Sapiens, che considera l’isola in una condizione privilegiata grazie anche ad un assetto vitivinicolo virtuosamente legato alla tradizione che attualmente risulta essere ben funzionale alla contingenza climatica.
Secondo il Presidente del Consorzio di Tutela Vini Doc Sicilia, Antonio Rallo, la Sicilia è oggi la più grande area vinicola biologica italiana che ritrova nella natura del suo stesso territorio una variabile oggi essenziale, la sostenibilità, insieme alla qualità e alla riconoscibilità dei suoi vini.
Il Presidente della Fondazione SOStain Sicilia, Alberto Tasca, ha poi annunciato il I° Simposio “Interazioni sostenibili” presso il Regio Teatro Santa Cecilia di Palermo per “promuovere lo sviluppo etico e sostenibile nel settore vitivinicolo siciliano, che rappresenta uno degli obiettivi della Fondazione SOStain Sicilia”.
“Il vino è anche fisica e i rilevatori del neutrino sono utili per scoprire le frodi nel vino” ci ha così informato nel suo intervento il prof. Pierluigi Campana dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare.
Anche il Prof. Marco Moriondo, dell’Istituto di Bioeconomia del CNR di Firenze, è del parere che “la Sicilia vitivinicola è meno esposta ai cambiamenti climatici grazie proprio ai suoi suoli e terroir, nonché alla sua biodiversità e ai suoi microclimi”.
L’importanza di rendez-vous del genere risiede, a mio avviso, nella possibilità di far scoprire e porre all’attenzione pubblica temi altrimenti difficili da divulgare attraverso gli usuali quotidiani canali di comunicazione del settore: a volte troppo specifici o tecnici, se svolti con sintesi e puntualità illuminano invece nuovi percorsi di ragionamento e studio diventando fucine di valide idee e risoluzioni.
E’ proprio in questa ottica che l’intervento del Prof. Moriondo, dal titolo Impatti del clima in viticultura: osservazioni e previsioni, ha catturato la mia attenzione.
Le ricerche scientifiche hanno da tempo ormai evidenziato che l’incremento delle temperature osservate negli ultimi cinquanta anni ha alterato i ritmi stagionali di sviluppo e crescita della vite nelle più importanti aree di coltivazione nel mondo, determinando a seconda dell’area geografica incrementi drastici di produzione – come in NordEuropa – o forti riduzioni – in Sud Europa e Australia – con conseguenti alterazione delle caratteristiche qualitative.
Sappiamo bene che i livelli della CO2 sono in costante aumento dal 1990 e sono diventati al contempo causa ed effetto del riscaldamento globale.
Nel periodo 2010-2017 si sono verificati importanti anticipi nei tempi di invaiatura e maturazione, ma l’aumento delle temperature ha provocato risposte diverse in Sicilia rispetto al Nord Italia. Sebbene la resa viticola presentasse mediamente un andamento negativo, questa alla fine è risultata qui meno esposta alle variabilità annuali rispetto a quella delle regioni del nostro Settentrione.
Certo, in merito alla qualità osserviamo un aumento degli zuccheri ed una diminuzione dell’acidità delle uve, ma l’incremento delle temperature sta determinando l’esistenza di condizioni favorevoli alla viticoltura anche in zone finora poco vocate, ma morfologicamente complesse e quindi capaci di fornire una buona base per l’adattamento.
Purtroppo oggi il Mediterraneo rappresenta l’area più esposta alle variazioni di temperatura e di piovosità, con una riduzione di questa che provocherà ormai frequenti eventi siccitosi.
Per questo da tempo si stanno costruendo e sviluppando modelli capaci di simulare i processi di crescita e sviluppo delle colture sulla base delle caratteristiche genetiche delle piante, dei dati meteo e delle pratiche colturali locali.
E’ interessante vedere come l’utilizzo di tecniche di downscaling aiuti a valutare gli impatti del cambiamento climatico, rendendo possibile l’integrazione dei dati meteo delle stazioni a terra con le variazioni climatiche predette e ottenendo così mappe di dettaglio capaci di identificare le dinamiche di produzione e qualità per una valutazione più approfondita degli impatti ambientali.
Ma cos’è il Downscaling? E’ il raccogliere informazioni su macro scala per fare previsioni su basi locali. Quindi il downscaling dei modelli climatici non è altro che un tentativo di colmare il divario tra gli effetti globali e locali attraverso la stratificazione di dati a livello locale su modelli climatici su scala globale.
E ciò nella speranza di riuscire a valutare in tempo i futuri impatti climatici e le possibili pratiche adattive, sempre con un occhio vigile alla loro sostenibilità economica ed ambientale.
L‘eterna e sfuggevole Sicilia, come isola “mosaico di un continente”, assume così sotto questi aspetti un ruolo ormai decisamente primario.