“Abbiamo scelto un approccio più critico che celebrativo per festeggiare la 20esima edizione dell’evento dedicato all’Amarone – ha dichiarato il presidente del Consorzio Tutela Vini Valpolicella, Christian Marchesini. “Come Consorzio crediamo però che il modo migliore per continuare a crescere sia quello di analizzare con serietà e puntualità le sfide che i cambiamenti climatici, le nuove dinamiche di consumo e gli sviluppi sui mercati pongono alla denominazione “.
Con queste parole il Presidente ha aperto il convegno a tema “Clima, produzione e mercati: la Valpolicella alla prova del cambiamento” nell’ambito della 20esima edizione di Amarone Opera Prima, dedicata quest’anno alla presentazione del Millesimo 2019 della denominazione.
Nel rammentare l’inizio complicato e piovoso dell’ultima annata, poi risoltasi in una vendemmia favorevole e con un raccolto di 430.000 q. di uve, il presidente Marchesini ha comunicato la stabilizzazione delle dimensioni del vigneto Valpolicella in 2600 ettari.
Pur con una riduzione delle vendite dell’imbottigliato di circa il 10%, il dato positivo è da ricercare nella crescita della Doc Valpolicella superiore. Per le tipologie Amarone e Recioto si parla di 14,3 mln di bottiglie con un calo strutturale del 17%, ma con un aumento notevole in termini di valore su cui si lavorerà molto nel prossimo futuro, specie perché le giacenze dell’annata (solo 4 mln di bottiglie) risultano essere decisamente ridotte per un vino dalle così elevate potenzialità evolutive.
Qualche cenno sull’annata 2019. Con una primavera fredda e piovosa ed un’estate caratterizzata da ondate di calore ed irraggiamenti eccessivi, è stato premiato solo chi ha compiuto un lavoro di individuazione delle parcelle maggiormente esposte, oltre a diversi passaggi in vendemmia.
I vini della Valpolicella offrono inizialmente profili olfattivi floreali che in seguito, per l’appassimento e le lente maturazioni, virano decisamente verso note balsamiche e mentolate. In degustazione alcuni Amarone sono apparsi sicuramente più eleganti, snelli e freschi (Secondo Marco, Corte S. Alda, Massimago, Contrada Palui), pur mantenendo un elevato potenziale evolutivo, e quindi in allineamento con gli odierni trend di consumo. Sorprendente per freschezza quello di una cantina di tradizione bianchista (Pieropan 2017 ).
Fra i vari interventi nel corso della conferenza, ricchi di spunti degni di approfondimento, quello del responsabile dell’Osservatorio dell’Unione italiana vini, Carlo Flamini, ha posto l’accento sul calo dei consumi del vino rosso, le cui cause andrebbero ricercate in variabili di tipo generazionale, climatico ed etnico, e sullo spostamento di gusto e preferenze verso altre tipologie di bevande alcoliche (spumanti e spirits). I vini fermi soffrono attualmente un momento di stasi, ma i bianchi mantengono decisamente meglio la posizione.
Sempre da dati dell’Osservatorio UIV, si evince comunque un deciso calo dei consumi di vino in generale. Qualche esempio volgendo uno sguardo sul mondo: negli USA l’import di vino rosso è calato di circa il 30% rispetto al 2007 ed è davvero interessante soffermarsi sui grafici di segmentazione per età ed etnia. Il dato generazionale è quello che colpisce: oggi i consumatori “quotidiani” appartengono alla fascia degli over 60.
In Canada il consumo di rossi è diminuito nettamente nell’ultimo anno, come pure in Scandinavia ed in Cina, dove si è passati dal 1,5 mln di hl. del 2018 agli attuali 900 hl. Di conseguenza, anche il nostro export globale di vini rossi risulta calato, rispetto al 2011, di circa il 25%.
Siamo al tramonto del mass marketing: d’ora in poi risulteranno vincenti i territori e le aziende che sapranno mantenere una precisa identità stilistica e territoriale, e che riusciranno ad individuare il proprio target operando in modalità bespoke perché oggi il consumatore desidera bere vini in linea con il proprio stile di vita. L’adozione delle segmentazioni per ceto, etnie, età, si rivelerà quindi strumento indispensabile per l’individuazione degli specifici settori di crescita e per il successivo passaggio dal volume al valore.
Andrea Lonardi, Master of Wine e vicepresidente del Consorzio, ha inoltre sottolineato l’importanza della conoscenza del passato di un territorio, propedeutica ad una visione più progressista esente dal timore del cambiamento. Il sistema Valpolicella ha risposto molto bene alle richieste di mercato negli anni ‘80 e negli ultimi venti, a seguito del raddoppio della superficie vitata, l’Amarone ha raggiunto uno sviluppo volumetrico secondo solo a quello ottenuto dal Prosecco, nel mondo.
Ma oggi è prioritario comprendere la natura qualitativa dei “numeri” del vino.
Anche a causa del fenomeno del cambiamento climatico, il vero potenziale del territorio Valpolicella potrà essere compreso solo attraverso lo studio approfondito dei suoi territori e vitigni e di nuove modalità di appassimento e tecniche di affinamento maggiormente tarate sulla qualità.
Lonardi si è espresso infine sulla legacy di un territorio, indispensabile per poter costruire qualsiasi progetto futuro: il prestigio di un territorio si guadagna attraverso l’esistenza di un’identità profonda, per poi procedere al riequilibrio di tecniche, suoli, vitigni e anche persone.
Il vino deve possedere una propria leadership. Negli ultimi 30 anni si è adottata una leadership di comando, che ha imposto punteggi, contenuti e stile, ormai non più accettata dalle ultime generazioni che hanno preferito salpare verso altri lidi più o meno alcolici.
Ecco perché la conversione verso una leadership di prestigio, legata piuttosto alla condivisione di specifici valori, risulterà sicuramente vincente e in grado di modificare i numeri del vino verso una direzione assolutamente qualitativa.