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«Stasera avrei potuto raggiungere Verona, ma mi sarei lasciato sfuggire una meraviglia della natura, uno spettacolo incantevole, il lago di Garda; non ho voluto perderlo, e sono stato magnificamente ricompensato di tale diversione.» – Viaggio in Italia, 12 settembre 1786.

Catullo, Goethe, Kafka, Mann, Gide, D’Annunzio… Scrittori e poeti di ogni tempo hanno amato il grande lago e il suo territorio, i pittoreschi borghi, il clima piacevole, l’atmosfera di serenità. E molti artisti ne hanno tratto ispirazione per le loro opere.

Oggi meta tutto l’anno di turisti italiani e stranieri, il Lago di Garda era in passato conosciuto col nome di Benacus, (Benàco) dall’antichissima città omonima che sorgeva in questo territorio, anche se si ritiene che il nome Garda non sia altro che l’evoluzione della voce germanica Warda, “guardia”, e, più specificatamente, “luogo di guardia elevato atto ad osservazioni militari”. D’altronde è sempre stato frequentato da popoli che qui si sono scontrati in guerra, ed ecco il motivo dell’esistenza dei vari edifici religiosi e borghi fortificati.

Uno dei più grandi letterati tedeschi, J.W. Goethe, autore di un percorso lungo e periglioso attraverso l’Italia dell’800, durante il suo “Viaggio in Italia” si ferma proprio a Torbole, proseguendo da qui in barca fino a Malcesine: durante il tragitto resta ammaliato dalle limonaie del lago, scoprendo un Sud non troppo distante dalla sua terra natìa grazie a questi alberi di limoni che già lo avevano fatto innamorare in Sicilia. Attraverso il suo diario di viaggio, il lago di Garda acquisirà notorietà tra i popoli  d’Oltralpe diventando il luogo più amato e frequentato dai viaggiatori tedeschi, specialmente artisti.

In questi luoghi, dal Vittoriale alla navigazione sulla storica motonave a ruote Zanardelli del 1903, si respira a volte  un’aria decisamente anni ’20. La visita al Vittoriale degli Italiani merita da sola un viaggio per la magnificenza e la ricchezza del sito: la dimora del D’Annunzio, nel borgo antico di Gardone Riviera, non è solo una casa, ma anche un museo, un roseto, un mausoleo, un anfiteatro, un esteso e stupendo parco di 9 ettari con cipressi, olivi, bouganvilles, hibiscus, addirittura capperi, varie opere en plein air di artisti famosi come il Cavallo Blu di Mimmo Paladino posto nell’anfiteatro rivestito di marmo rosa, nonché un ruscello diviso a monte in due rivoli – appositamente denominati Acqua Savia (silenzioso) ed Acqua pazza (gorgogliante) che si ricongiungono a valle nel Laghetto delle Danze –  e…una nave. Si, una nave militare incastonata in una collina, precisamente la Regia Nave Puglia, donata dalla Marina Militare al Vate nel 1923, e la cui tolda smontata è stata qui ricostruita con la prua posta in direzione del mare, o meglio della Dalmazia quasi con l’intento di volerla riconquistare. 

Il Mausoleo, dove riposano le spoglie del Vate qui traslate nel 1963, è immerso nel verde. La maggior parte delle specie botaniche risalgono ai suoi tempi e le rose, che il poeta-scrittore amava tanto, appartengono a 600 tipologie diverse provenienti da tutto il mondo. Se poi si entra nella sua casa, la Prioria (ex Villa Cargnacco), si ha l’impressione di vedere tutto il mondo in un unico luogo, stracolma com’è di opere d’arte, un concentrato di cultura e bellezza.

La cantina di D’Annunzio, restaurata anni fa, era ricchissima di vini importanti che lui, pur essendo astemio, amava offrire ai suoi ospiti: alla stampa di settore sarebbe piaciuto poterla vedere nel corso di una visita prospettata durante il convegno, così come la vigna dannunziana di Villa Mirabella con le cui uve si vinifica il Vino Rosa del Vittoriale in produzione limitatissima. 

Ma il Garda resta il protagonista principale, a tratti somigliando ad un’estensione marina, con la sua superficie di circa 370 km² che ne fa il lago più esteso d’Italia.  L’emersione del suo fondale ha dato origine in passato alle principali locali morene e grazie al progredire della tecnica e agli scambi culturali tra le popolazioni, la coltivazione della vite su queste colline moreniche è divenuta sempre più importante: il primo a parlare di un vino pregiato prodotto nel territorio fu Catone il Censore, intorno al 200 a.C., quando si riferì a tale vino con il termine “retico” poiché prodotto sul territorio della popolazione di origine etrusca dei Reti.

Cerniera fra tre regioni, Lombardia , Veneto  e Trentino, il lago è posto in parallelo all’Adige da cui è diviso dal massiccio del monte Baldo. La strettoia formata dal bacino lacustre condiziona lo spirare dei venti, molti dei quali sono periodici o perfino giornalieri. Sul lago si affacciano i territori di dieci storiche zone di produzione vinicola situate nelle province di Brescia, Mantova e Verona e riunite sotto la denominazione Garda Doc, nata nel 1996. Il Consorzio è stato invece riconosciuto nel 2015 ed operante erga omnes dal 2016, rappresentando 250 soci con i loro 31.000 ettari vitati ed oltre 20 milioni di bottiglie annue prodotte.

La produzione vinicola attualmente prevalente è a bacca bianca, principalmente Chardonnay e Pinot grigio dopo che la Garganega ha subìto un brusco crollo dal 2020 al 2022 quasi dimezzando la sua produzione (- 46%) e passando dai 7.526.251 di bottiglie nel 2020 ai 4.034.680 nel 2022. Le produzioni di Chardonnay e di Pinot grigio sono invece aumentate, rispettivamente del 35% e del 10% nel biennio citato, costituendo così oggi il 57% dell’intera produzione di vino bianco (anche spumante) della Garda Doc. Altri vitigni utilizzati, come da disciplinare della denominazione, sono il Trebbiano di Soave e/o di Lugana, il Merlot, la Corvina, il Marzemino, il Cabernet Sauvignon, oltre a quelli  locali per le altre tipologie di vino.

Al convegno organizzato  a Gardone, presso il Vittoriale, hanno partecipato esponenti a vario titolo del territorio gardesano, tra cui i vertici del Consorzio, Presidente Paolo Fiorini, vice Presidente Giovanna Prandini e Direttore Carlo Alberto Panont.

La grande capacità di questo areale è quella di esprimere una cultura vinicola univoca nonostante i diversi varietali delle diverse denominazioni”: difatti la Garda doc è oggi l’espressione di un sistema aziendale più ampio, comprendendo ben 10 storiche zone di produzione (Valtènesi, S. Martino della Battaglia, Lugana, Colli Mantovani, Custoza, Bardolino, Valpolicella, Valdadige, Durello, Soave).

Focus di quest’anno è stato la presentazione di una carta dei suoli dell’areale gardesano, illustrata da Giuseppe Benciolini, pedologo specialista in rilevamento/elaborazione delle carte dei suoli che, descrivendo i territori della Doc Garda (60 km di area dalle sponde del bresciano fino all’estremo della provincia di Verona) ha parlato di pedodiversità per sottolineare l’enorme diversità di questi suoli causata dai numerosi processi geologici che li hanno formati. La cartografia, rappresentando la sintesi di tutto quello che è accaduto e accade su un certo territorio, in casi come questo appare strumento indispensabile, così come il documentario edito dal Consorzio sull’argomento, particolarmente utile, a mio avviso, per il consumatore estero.