Lo sviluppo del settore vinicolo marchigiano, a cui stiamo assistendo da un po’ di tempo, si fonda su una precisa volontà delle piccole imprese produttrici di affermarsi finalmente sui grandi mercati, dopo un passato dedicato alla sola produzione: le giovani generazioni sono oggi più competenti e professionali grazie anche al supporto di diversi istituti e di adeguati strumenti finanziari, come quelli forniti dal Programma di Sviluppo Rurale riguardanti tutte le fasi della produzione. Investimenti e formazione stanno quindi ripagando il settore in termini di più alta qualità dei prodotti, in una terra da sempre abbastanza conservatrice e restìa alle innovazioni tecnologiche, ma che oggi rivela la sua spiccata propensione all’associazionismo.
Personalmente noto che la maggiore sfida sia piuttosto rappresentata dall’acquisizione, da parte dei singoli produttori, della capacità di saper realmente diffondere tradizioni culturali ed esperienze personali. Perché non basta la promozione della qualità di un prodotto o una certa “veracità” spesso confusa con l’autenticità: la differenza risiede nella sapiente comunicazione della propria storia, fatta di scelte, sperimentazioni, obiettivi ben determinati ma anche di atmosfere e suggestioni capaci di rendere un vino più affascinante di altri e frutto di una conquista studiata e sudata. Onore al merito per certi produttori che si spendono anche (e bene) in questa direzione.
L’impegno di strutture come l’Istituto Marchigiano di Tutela vini, che dal 1999 supporta tutti i produttori e garantisce l’autenticità delle produzioni, diventa fondamentale per le 652 aziende associate, incidendo per il 45% sull’intera superficie vitata regionale (oltre 7500 ettari tra le province di Ancona, Macerata, Fermo e Pesaro-Urbino). Continua quindi il lavoro di qualità dell’IMT per lo sviluppo del territorio Marche attraverso la promozione dei suoi vini e delle sue aziende, una regione che punta ad un risultato finale ben preciso, valorizzando i suoi storici vitigni autoctoni come il Verdicchio (nelle due denominazioni dei Castelli di Jesi e di Matelica), ma anche espressioni meno conosciute al grande pubblico come ad esempio la DOC Colli Maceratesi , il Bianchello del Metauro o la Vernaccia di Serrapetrona .
La Ribona (detta anche maceratino) è un antico vitigno del Maceratese che discende dal Verdicchio ed è parente del Grechetto: sua caratteristica di avvenuta maturazione è l’assottigliamento della buccia. E’ prodotto in circa 150.000 bottiglie con la denominazione Colli Maceratesi DOC, di cui solo 15 mila spumantizzate poiché prodotte solo in tre cantine.
Ed è proprio questa la versione della Cantina S. Isidoro che ho assaggiato (RIBONA METODO CLASSICO DOSAGGIO ZERO – Colli Maceratesi DOC Ribona spumante – 2017): nasce da vigneti posti su colline dai suoli argillosi, a circa 25 km dal mare e dove le uve si raccolgono in anticipo, rispetto al resto della zona, di circa 15 giorni.
Si tratta di un pas dosé affinato 24 mesi (che in futuro potrà avere in etichetta l’aggiunta Riserva), di colore carico e di acidità spiccata per un annata calda come la 2017: uno spumante profumato di tiglio, rosa, gelsomino e agrumi, dalla buona struttura e persistenza nonché grande freschezza.
La tipologia Colli Maceratesi bianco DOC degustata è stata invece quella dell’Azienda La Quercia Scarlatta, biologica a conduzione familiare, situata sulle colline di Monte San Giusto e che ha un bel mercato nel Lazio.
MARCHESE JAPO Colli Maceratesi DOC 2019 è un uvaggio di Ribona al 70% con saldo di uve Incrocio Bruni e Trebbiano Toscano, lavorate separatamente a seguito dei diversi tempi di raccolta. Vinificato ed maturato in acciaio per 6 mesi, si presenta appena aromatico con note minerali e sentori di pesca bianca, mela verde ed un accenno di esotico. Di piacevole beva ma con una decisa struttura che lo rende adatto ad affinare nel tempo.
Il Bianchello del Metauro (antico clone del Trebbiano) è appunto una DOC a base di Bianchello (o Biancame), con usualmente un piccolo saldo di Malvasia bianca lunga, prodotto nella zona del medio e basso bacino del fiume Metauro. Un vino semplice ma piacevole di cui ho assaggiato, nel corso di una appuntamento on-line con alcuni produttori marchigiani, due espressioni in purezza.
L’Azienda Lucarelli, in territorio di Pesaro Urbino, che lavora in biologico dal 2014 su vecchie vigne, ha presentato il suo ROCHO – Bianchello del Metauro Superiore DOC 2019, di bella acidità, medio corpo e finale lungo, dai sentori di pera bianca, ginestra e pompelmo, in parte affinato (molto bene) in tonneau.
L’Azienda Terracruda, nello stesso territorio provinciale ma a 400 metri sul lato sud della vallata del Cesano, ha invece proposto il suo CAPODARCHI – Bianchello del Metauro Superiore DOC 2019, da un cru di circa 50 anni vendemmiato tardivamente, vinificato e maturato in acciaio sur lies per 6 mesi con batonnage: per lui profumi intensi di ginestra, esotico e note di spezie dolci in un gusto fruttato, appena sapido, avvolgente e morbido. Decisamente meno verticale del precedente, nonostante la maggiore altitudine.
La DOC Serrapetrona è invece una DOC veramente di nicchia, figlia del territorio comunale dell’omonimo borgo legato al vitigno Vernaccia nera fin dal 1876, come testimonia il Bollettino Ampelografico dell’epoca. Si tratta di una zona vitata veramente circoscritta (circa 22 ettari) a circa 500 metri di altitudine e le cui le uve surmaturate invecchiano a lungo in botti grandi per riuscire a modularne i decisi tannini.
Il PEPATO Serrapetrona DOC 2017 dell’Azienda Fontezoppa di Civitanova Marche è una nota etichetta della tipologia, affinato 12 mesi in legno grande: ricco di marasca, pepe nero e spezie dolci, regala anche sentori balsamici in un unicum di freschezza ed eleganza.
Il COLLEQUANTO Serrapetrona DOC 2015 della Soc. Terre di Serrapetrona è invece un bel esempio della propensione alla longevità di questo vitigno a cui accennavo prima: maturato 18 mesi in acciaio e 12 in botte grande, più 6 mesi in bottiglia, è un vino ampio e robusto, succoso e speziato, con tanta amarena, ciliegia nera, gelso, cannella, pepe nero e alloro.