“Il vino è la luce del sole tenuta insieme dall’acqua”, diceva Galileo Galilei, ma a volte è anche molto di più.
Esistono territori particolarmente vocati che, uniti al sacrificio, alle scelte e alla tenacia di alcuni uomini, sanno offrire risultati particolari. Perché la vita è sempre e comunque progettualità, impegno, esercizio di competenze e a volte anche rinunce.
E’ stata proprio una scelta/rinuncia quella operata dall’azienda Barone Pizzini nel 1998 quando in Franciacorta iniziò le prove di allevamento delle viti in regime biologico, una sperimentazione poi conclusasi nel 2001 con l’ottenimento della certificazione per tutti i vigneti e la presentazione sul mercato nel 2004 del primo Franciacorta bio.
Tutto nacque con i Baroni Pizzini, una famiglia nobile trentina che aveva acquistato terre in Franciacorta. In seguito Silvano Brescianini (oggi CEO dell’azienda e Presidente del Consorzio Franciacorta) e Pierjacomo Ghitti rilevarono le proprietà, insieme al Palazzo storico, lasciando all’azienda agricola il suo nome originale. Era un’Italia, quella degli anni ’90, dove non esisteva ancora l’attuale sentimento di preservazione dell’ambiente o una cultura vinicola rispettosa della biodiversità, né tantomeno l’idea di poter lavorare i vigneti senza l’uso di sostanze chimiche. In questo contesto la mission di Barone Pizzini si può ben considerare pionieristica e meritoria.
A tal proposito, varie sono le collaborazioni dell’azienda Barone Pizzini con istituti di ricerca come l’Università di Milano o la Fondazione Edmund Mach di S. Michele all’Adige che lavorano per riuscire a pervenire a nuove informazioni in grado di indirizzare al meglio le scelte agronomiche di domani. Apprendendo le tecniche di misurazione del Carbon Print, l’azienda è riuscita ad operare in modo da contabilizzare e ridurre le proprie emissioni di anidride carbonica. E a testimonianza del proprio impegno nella tutela dell’ambiente, è stata una delle prime aziende vitivinicole iscritte al nuovo Registro Emissioni Settore Agroalimentare, nato per valorizzare i crediti di carbonio sul mercato volontario del settore a quelle aziende che contabilizzano la CO2 della propria produzione.
Giova ricordare che nella zona del Franciacorta lo Chardonnay ha trovato un luogo di elezione per la sua spumantizzazione, grazie all’enologo Franco Ziliani che nel 1962 produsse il primo Metodo Classico da Chardonnay con la prima bottiglia di Franciacorta. Siamo nel periodo del boom economico, un momento perfetto per iniziare nuovi percorsi di crescita, in un territorio di suoli morenici dove oggi si allevano vitigni come lo Chardonnay, il Pinot noir, il Pinot bianco ed anche l’Erbamat, un vitigno locale da poco reintrodotto.
Oggi la Barone Pizzini presenta il Bagnadore Riserva Rosé 2011, figlio di un’annata definita da Silvano Brescianini come la migliore in Franciacorta da quando iniziò la sua avventura nel mondo del vino, e simile alle significative 1995, 1997 e 2005.
Un’annata dalla “primavera più calda rispetto alla media storica del periodo, mentre l’estate è stata fresca e piovosa e ha garantito un’ideale alternanza fra temperature calde durante il giorno e fresche durante la notte. Una maturazione lenta, accompagnata da temperature miti e buone escursioni termiche giornaliere, favorevoli alla sintesi e all’accumulo dei precursori dei composti aromatici, si sono rivelate un ottimo presupposto per l’ottenimento di basi spumante di eccellente qualità. La piovosità regolare e mai eccessiva ha consentito di ottenere contemporaneamente un peso della produzione importate e una sanità impeccabile. Anche la composizione acidica e la concentrazione del prodotto hanno registrato condizioni ideali e hanno conferito all’annata prerogative di speciale pregio, con un grande equilibrio di profumi e dall’aroma intenso. Per la prima volta in Italia, in Franciacorta, viene concessa la riserva vendemmiale: una stagione quantitativamente e qualitativamente eccellente che ha consentito di accantonare vino di riserva”.
Le sue uve di Pinot noir sono state sottoposte a macerazione a freddo per 7 giorni, vinificazione in bianco per un quarto delle uve, maturazione in barrique per 8 mesi e affinamento per ben 128 mesi sui lieviti.
Il Bagnadore Riserva Rosé 2011 si presenta oggi con un perlage finissimo e molto persistente che incanta, in un color buccia di cipolla intenso. Il sorso è intrigante, ricco di piccoli frutti rossi e agrume che chiude con un sentore di erbe aromatiche; di grande eleganza, possiede una freschezza ed un’acidità che lo renderanno invulnerabile per parecchi anni a venire. Ho potuto scegliere di abbinarlo ad un filetto di ricciola grigliato su friggitelli e salsa all’arancia con un risultato ottimale.
La finezza di questo Franciacorta non deriva dall‘altitudine (qui siamo solo a 250 mt.), quanto soprattutto dalla struttura e dalla natura del sottosuolo dei vigneti Roccolo a Passirano, costituito da morenico profondo, e Gremoni a Provaglio d’Iseo, che si presenta invece ghiaioso, con scheletro e tessitura franco-sabbiosa, mentre le viti sono il risultato di selezioni dal clone tedesco Spatburgunder che da decenni si sono ormai ambientate in questi luoghi. La produzione di questa etichetta è stata di 6621 bottiglie di cui solo 4996 in commercio.
Il Bagnadore Riserva Rosé 2011 è il primo riserva rosato di Barone Pizzini: il secondo sarà quello dell’annata 2020, mentre il terzo probabilmente proprio quello di quest’anno…
Di alto livello anche le altre etichette degustate:
Barone Pizzini Golf 1927, da uve Chardonnay, dedicato al Barone Edoardo che fondò in Franciacorta un impianto per il gioco del golf, un extrabrut piacevole e morbido.
Bagnadore Riserva 2015, 2014 e 2011 da uve Chardonnay e Pinot noir, che da sempre identificano la Riserva dei Baroni Pizzini e sono dedicati a Pierjacomo e Piermatteo Ghitti di Bagnadore (il nome deriva da un rio che scorre in zona). Si tratta di pas dosé, equilibrati e di struttura, con il 2014 che personalmente primeggia per potenza e freschezza al contempo.