Quando si parla di Nerello Cappuccio, il pensiero corre subito alla Sicilia, al vitigno del vulcano che spesso concorre all’uvaggio della denominazione Etna Doc. Un vitigno dal colore intenso e dal grappolo serrato, coltivato ad alberello come il Nerello Mascalese, ed una produzione che è andata calando nei tempi passati fino quasi alla sua scomparsa.
Ma il Cappuccio esiste invece anche in Calabria, e quello di Cirò, in provincia di Crotone, è davvero notevole.
La zona del Cirò è notoriamente un territorio assai pregiato sia per la coltivazione dell’ulivo sia per l’allevamento della vite. Ed è qui che troviamo i pionieri del vino bio della zona, l’Azienda Agricola Biologica Santa Venere nata nel 1846: con i suoi 150 ettari di cui 25 vitati, di proprietà fin dal 1600 della famiglia Scala, prende il nome dal fiume che la attraversa.
Nel 1960 prende le redini dell’azienda il figlio Federico, nipote di Falcone Lucifero, ministro della Real Casa.
Da una decina di anni è invece il figlio di Federico, Giuseppe, ad occuparsene e a mantenere viva la tradizione di famiglia con il supporto enologico di Riccardo Cotarella e Massimo Bartolini.
Le referenze prodotte sono molteplici, ma due della linea Cru sono particolarmente godibili.
Vurgadà Calabria rosso IGT 2021 è un Nerello Cappuccio con un 5% di uve appassite, che trascorre 6 mesi in barrique di rovere e 6 mesi in bottiglia: sorprendente il naso molto balsamico e ricco di prugna dolce matura che ritorna in bocca insieme ad una bella sapidità. La sua beva è scorrevole e gustosa, nonostante il Cappuccio possegga di natura una decisa tannicità.
Il vitigno Guardavalle in purezza è invece il protagonista del Vescovado Calabria bianco IGT 2022, un vino che dopo una criomacerazione di un giorno, affina 5 mesi in acciaio e 2 in bottiglia. Floreale, con note di scorza di limone, menta e lievi sentori di nocciola; nel sorso prevale una decisa aromaticità, unita a grande freschezza e sapidità. Così dissetante da preferirlo personalmente come aperitivo estivo.