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Siamo ormai ad ottobre, ci avviciniamo inesorabili alla fine dell’anno e, vi sembrerà impossibile, ma ho già notato in alcuni negozi avvisaglie di preparazione al periodo delle festività natalizie. Questo fatto fa sempre riaffiorare in me immagini precise, immagini di tempi migliori perché ricchi di maggiori aspettative, immagini di infanzia connesse ad atmosfere magiche con la famiglia e gli amici, ed in questo penso di essere in buona compagnia della maggior parte di voi.

Poi fra queste immagini interiori appare il brindisi, un’usanza ed un rito che si perpetua da generazioni e che una volta era appannaggio solo dello spumante nostrano. 

Oggi è innegabile che lo spumante d’Asti sia considerato un’icona italiana: nell’immaginario collettivo è il vino che più di qualsiasi altro lega la sua immagine a situazioni di festa, spensieratezza e convivialità. Moscato mon amour… 

I paesaggi e il territorio della denominazione Asti Docg possiedono sicuramente potenzialità peculiari: un’unicità della filiera produttiva, una particolarità dei vini ed una decisa sostenibilità ambientale. La sua realtà consortile, con le attuali 1013 aziende di cui 50 spumantiere, è fra le più antiche d’Italia e risale al 1932: il Moscato bianco è allevato in 51 Comuni delle province di Asti, Alessandria e Cuneo su un territorio di circa 10.000 ettari, tra l’altro patrimonio dell’Unesco per un suggestivo paesaggio costituito da antichi borghi e castelli medioevali, colline sinuose e vecchie cantine, orti, boschi, vigneti a perdita d’occhio e dalle pendenze talmente importanti, detti sorì, da poter essere coltivati solo manualmente. Questa zona di Piemonte, situata tra la Liguria e le Alpi, gode di un clima benevolo e possiede suoli che vanno dalle marne calcareo-arenarie langarole a quelle argillo-sabbiose monferrine con conseguenti diverse espressioni aromatiche di questi vini.

La più nota tipologia di Asti Docg è sicuramente quella dolce: ci si innamora dei suoi aromi di salvia e glicine, di acacia e tiglio, di agrume e delicato miele e, grazie anche alla sua bassa gradazione, si presenta fresco, fine e delicato. Ma ne esistono di tutti i dosaggi, facendolo riscoprire come vino da tutto pasto, con anche una versione Spumante Metodo Classico che affina in bottiglia per almeno 9 mesi. Aggiungo che la versatilità dell’Asti mi ha sorpreso anche nella mixology, sperimentando cocktail decisamente intriganti, in pairing sia col salato sia col dolce, presso la Casa dell’Asti, bella sede operativa in stile Liberty del Consorzio di tutela dell’Asti Spumante  e del Moscato d’Asti Docg.

Nonostante l’inflazione crescente ed ancora una certa difficoltà correlata al reperimento di materie prime connesse a tappi e vetro, la denominazione Asti Docg ha chiuso lo scorso anno con un bilancio positivo dal punto di vista delle vendite e delle produzioni di circa un +0,50% (nello specifico sono state consegnate alle aziende oltre 102 milioni di fascette ministeriali per le bottiglie).

Scomponendo però i dati fra Asti spumante e Moscato d’Asti si nota una crescita del 11% dello spumante, specialmente sul mercato russo ed italiano, ed una decrescita del Moscato di circa il 14% a causa di una frenata sul mercato USA e tedesco per precedenti record d’acquisti: negli anni ‘90 l’Asti Spumante aveva spesso superato in Germania la soglia dei 30 milioni di bottiglie esportate,  negli ultimi anni invece è scesa sotto i 10 milioni, attestandosi a 4 milioni di bottiglie lo scorso anno.

Ma alla fine, nel complesso, le due situazioni si sono compensate e bilanciate contribuendo a mantenere un quadro produttivo stabile, tanto da ipotizzare per l’anno in corso un potenziale produttivo di circa 106 milioni di bottiglie complessive, il cui 90% destinato all’esportazione. Difatti il Consorzio stesso ha preannunciato l’attuale vendemmia come ottima e con le stesse rese delle annate precedenti, specificando che peronospora e oidio non hanno qui falcidiato i raccolti come in altre zone. Questa tenuta sul mercato fa quindi ben sperare in una positiva evoluzione futura, fatta di belle progettualità e maggiori unione d’intenti e spirito di iniziativa, alla scoperta anche di altri mercati e nuove modalità di consumo.

Ricordo che lo scorso anno si sono celebrati i 90 anni della Fondazione del Consorzio dell’Asti Spumante e del Moscato d’Asti attraverso una mostra itinerante che, dopo Asti e Torino, ha fatto tappa in diversi centri sia dell’area di produzione sia d’Italia, ed ancor oggi prosegue sul territorio (io l’ho visitata a settembre a Nizza Monferrato). Un allestimento, intitolato “90 anni di bollicine”, che ripercorre la storia del territorio e della gente della patria del primo spumante d’Italia, attraverso manifesti d’autore e filmati pubblicitari d’epoca di proprietà delle case spumantiere, interessanti materiali in grado di raccontarci usi e consuetudini, valori, vizi e virtù di un’Italia di ieri, testimoniando anche lo sviluppo della comunicazione nel settore vinicolo con linguaggi artistici che vanno dal romantico al futuristico, dal fumetto alla pop art. Il Consorzio ha poi promosso quest’anno una campagna pubblicitaria con l’intento di fornire una nuova immagine alla denominazione utilizzando lo slogan Asti Vibe dove il termine inglese vibe, vibrazione, (che anagrammato in italiano è BEVI) vuol significare anche e soprattutto atmosfera, sentimento, stile e modo di essere. Il focus del racconto visivo dello spot è rimasto tuttavia ancorato al mondo primordiale di quel territorio, con immagini di vigne, vignaioli, vendemmia e filari. Il messaggio finale è sempre quello di rappresentare gioia di condivisione, attimi di serenità,  festa e brindisi a tavola. Alla fine un solo claim ma con varie sfumature da raccontare, un mood dalla grafica cubista con i colori ufficiali del Consorzio, che trovo molto elegante.

La novità 2023.

Lo scorso 30 giugno è nata ufficialmente la  Docg Canelli con l’intendimento di promuovere specificatamente l’originalità territoriale e storica delle terre del Moscato bianco, qui allevato fin dal 1300.

Tutto ebbe inizio nel 2001 quando alcuni viticoltori di zona decisero di costituirsi nell’Associazione Produttori Moscato di Canelli: dieci anni dopo il Consorzio li riconobbe come sottozona della denominazione. Si tratta di 100 ettari vitati, distribuiti in 17 Comuni delle province di Asti e Cuneo, in grado di produrre un vino aromatico dolce e di bassa gradazione alcolica che si è però rivelato di straordinaria longevità tanto da inserire nel disciplinare la tipologia Riserva, con un affinamento minimo di 30 mesi. Si trasforma così la precedente sottozona Canelli dell’Asti Docg in una Docg a sè stante, ma sempre sotto l’egida dello stesso Consorzio di tutela.

Corre l’obbligo rammentare che proprio qui a Canelli nel 1865 nasceva il primo spumante metodo classico italiano, grazie a Carlo Gancia che ne aveva importato la metodologia dalla Francia. A quei tempi anche lo Champagne aveva un alto grado zuccherino ma anche un  problema a ciò legato, l’esplosione di un gran numero di bottiglie a causa dell’eccessiva sovrapressione. Fu così che nel 1895 l’enologo Federico Martinotti, direttore della Regia stazione enologica di Asti, decise di trovare un sistema meno rischioso di spumantizzazione del vino, una metodologia che oggi viene usualmente definita metodo Charmat poiché solo nel 1910 Eugène Charmat ne perfezionò la tecnica e la brevettò. Parliamo di una rifermentazione controllata in autoclave d’acciaio (e non in bottiglia) a temperatura e pressione controllate, per un breve periodo, massimo 6 mesi. Poi, come per il metodo classico, si esegue la refrigerazione per eliminare le impurità e si passa all’imbottigliamento a pressione costante. 

Canelli è un luogo di vino dove convivono cantine storiche – quelle del famoso circuito delle cosiddette Cattedrali sotterranee dichiarate Patrimonio mondiale Unesco nel 2014 – e realtà moderne per la produzione di vini spumanti che hanno fatto la storia dell’enologia italiana e mondiale e che quindi oggi possiedono un consolidato expertise nella produzione dello spumante.

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L’ attività del Consorzio di tutela dell’Asti Docg si rivela  intensa e proficua su vari fronti.

La bassa gradazione alcolica di questi vini è apparsa di particolare interesse per un certo pubblico, quello sportivo, fino a far diventare i vini della denominazione una presenza ufficiale nel mondo del tennis internazionale come Official Sparkling Wine agli ultimi Internazionali di tennis a Roma. Una curiosità simpatica: c’ è un termine che accomuna pratica spumantistica e tennis, il termine volèe: nel tennis significa colpo al volo, in cantina indica la sboccatura a mano degli spumanti Metodo Classico.

Aggiungo a margine una nota personalmente interessante circa le attività di ricerca promosse dal Consorzio: già dal 2019 è stata avviata, da parte della Scuola superiore S. Anna di studi universitari di Pisa,  una ricerca sull’effetto dei trattamenti agronomici e dell’applicazione della sensoristica per il monitoraggio di temperatura e luminosità sull’espressione aromatica del Moscato bianco, che negli ultimi anni ha accusato una riduzione della produzione dei terpeni nella varietà. Tramite lo studio delle dinamiche della loro produzione/degradazione e attraverso monitoraggi nel corso della maturazione delle uve, nonché analisi metaboliche dei campioni in vigne ad altitudine ed esposizione diverse, si sta tentando di pervenire ad un protocollo agronomico di defogliazione ottimale utile al contenimento della già citata perdita di aromi nel Moscato bianco, nell’ottica di una risposta all’ennesima sfida a cui ci sottopone il cambiamento climatico.