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Montefalco è definita non a caso “la ringhiera dell’Umbria”: la passeggiata panoramica che le corre intorno, e che sembra effettivamente un balcone naturale sulla valle, offre una vista che si allarga fra Spello, Foligno e Trevi fino a raggiungere Assisi, che di notte somiglia ad un vascello illuminato.

Attraverso le tre porte d’ingresso di Camiano, S.Agostino e Federico II, si accede ad un borgo ricco di scorci affascinanti e di arte: entrate nella Chiesa Museo di S. Francesco e troverete la sintesi fra la storia, la cultura e le tradizioni di questi luoghi. Al suo interno, il ciclo di affreschi di Benozzo Gozzoli sulla vita di S. Francesco è un esempio unico e superbo di arte rinascimentale. Ma anche altrove avvertirete quanto la religione sia stata una componente fondamentale nello sviluppo sociourbanistico di Montefalco.

A 8 chilometri più a nord sorge Bevagna, che nel suo centro storico accoglie suggestive botteghe medievali dove maestri d’arte e sapienti artigiani svelano ancor oggi al visitatore i segreti degli antichi mestieri del passato.

Attraverso un circuito denominato il Mercato delle Gaite, troviamo il Cartaro, produttore della carta bambagina derivata dalla macerazione dei tessuti, e il Ceraiolo che crea candele in pura cera d’api dal profumo intenso, colata su colata su lunghi stoppini di canapa fissati ad una ruota girevole. Ma anche il Setaro, realizzatore di tessuti da filati di seta provenienti dai bachi allevati su foglie di gelso, filati che vengono ritorti sul grande torcitoio a trazione umana considerato la prima macchina operativa complessa creata dall’uomo; o ancora il Dipintore che lavorava unendo terre naturali e polveri di pietre dure al tuorlo d’uovo per fissare i colori. Laboratori d’arte dove ancor oggi si tramandano i gesti e le conoscenze dell’Ars Medievale grazie alla passione e alla maestrìa di volontari del luogo.

Questa zona dell’Umbria ha centri turisticamente attivi e organizzati che, durante l’anno, offrono vari appuntamenti culturali ai visitatori, che vi giungono attirati in special modo da quelli gastronomici legati alla tradizione norcina e ai vini tipici del territorio, come il Sagrantino che resta il protagonista indiscusso di Montefalco. Proprio a lui è dedicato il più importante evento enologico locale, Enologica, che si svolge nella terza settimana di settembre. Ma non è stato sempre così.

Il Sagrantino in passato era il vino della festa, un vino dolce che si beveva a Pasqua. Un vitigno che maturava tardi e veniva vendemmiato a novembre, ma non per necessità del vitigno stesso quanto per assenza di defoliazione (che allora non si usava fare) e per inadeguato sistema di allevamento. Nel 1971 Arnaldo Caprai, fin ad allora imprenditore del settore tessile, opera per primo il recupero dell’autoctono Sagrantino, acquistando 45 ettari di vigneti a Montefalco. Ma è con il figlio Marco che parte effettivamente il progetto della sua valorizzazione. Siamo nel 1988, subito dopo lo scandalo del vino al metanolo quando, dice Marco con ironia, “tanto peggio di così non si poteva fare”. La Arnaldo Caprai intraprende così un percorso mirato alla sostenibilità che nel 2008 si concretizza in un progetto denominato New Green Revolution, primo standard territoriale volontario e certificato di sostenibilità della produzione nel settore vitivinicolo. Un protocollo di valori condivisi riguardanti la conduzione tecnica del vigneto, la riduzione dell’uso delle risorse, la conservazione della biodiversità, la tracciabilità dei prodotti e della sicurezza del lavoro come pure l’impegno nella comunità locale e la sostenibilità economica.

Oggi la Arnaldo Caprai possiede 136 ettari vitati a Sagrantino, Chardonnay, Sangiovese, Grechetto e Sauvignon, con una produzione di 1 milione di bottiglie, di cui 900.000 per la vendita ad un mercato per il 70% italiano ed un fatturato di 6-8 milioni di euro.

I suoli dei vigneti sono a prevalenza argilloso-limosi, suoli freddi e a rischio compattamento del terreno per l’eventuale passaggio dei trattori: pertanto, per evitare l’“asfissia” delle piante qui resta tutto inerbito, nutrito a sovesci di legumi e decompattatto ogni 10/15 anni.

Nel 2009 si sono aggiunti 15 ettari vitati a Pinot noir, siti sopra Gubbio e dedicati alla produzione dello spumante, in una zona a 850 mt. di altitudine che sembra essere posizionata nella stessa fascia climatica della Champagne, con grandi escursioni termiche e suolo marnoso.

Curiosità: qui in passato si allevava il c.d. Nebbiolo di Gubbio (che poi era invece un Dolcetto).

Dal momento che alla fine degli anni ’80 iin queste zone si è iniziato ad espiantare il vecchio e reimpiantare il nuovo, i vigneti di Sagrantino hanno oggi un’età media di 15 anni. Tutto nasce con primi vigneti di selezione massale: si andava per campi, monasteri e giardini a recuperare tralcetti utili per poi creare campi di collezione clonale e poter così meglio studiare il germoplasma (zuccheri, polifenoli, maturazione,…).

Non dimentichiamoci che il Sagrantino è il vino con più alti contenuti di polifenoli al mondo: ciò lo rende un vino molto tannico (addirittura 4 volte superiore al Tannat dell’Uruguay) e deve essere gestito con grande cura in vigna e in cantina. Si tratta di tannini con una composizione un po’ differente rispetto a quelli di altri vitigni tanto da conferire al vino minore astringenza, mentre la struttura e la buona acidità ne fanno un vino con una lunghissima capacità di invecchiamento.

Un piano di ricerca, avviato in collaborazione con l’Università di Milano tra il 1998 ed il 2008, ha sperimentato la resa dei territori razionalizzando le zonazioni ed usando i campi di confronto per studiare i tipi di portainnesto, la fittezza d’impianto e le forme di allevamento più cònsone, in un territorio dove fino ad allora era stata usata, come forma di allevamento, la “palmetta chiantigiana”. Si trattava di un allevamento a spalliera su tre palchi, con circa 2000 piante/ha. ed una produzione di circa 10 kg. d’uva per pianta (pensate che oggi si arriva anche a solo mezzo kg., con una conseguente maturazione fenolica perfetta tutta a favore della morbidezza dei tannini e della successiva beva). Attualmente troviamo quasi ovunque il sistema del Cordone Speronato, ma non è raro imbattersi ancora nella Lyra, di origine francese, anche se i suoi costi di gestione risultano decisamente rilevanti: in pratica si tratta di una parete sdoppiata, con un raddoppio anche della superficie fogliare rispetto alla quantità dei grappoli, ma chissà…potrà anche ritornare in auge per l’attuale aumento delle temperature climatiche. Nel frattempo in questi vigneti sono anche installate 10 stazioni meteo.

L’aspetto però rilevante e meritorio di tutta questa storia è che l’attenzione odierna di Marco Caprai sia rivolta alla promozione del territorio perchè dal punto di vista di un brand spendibile all’estero il vino dell’Umbria non è come il vino della Toscana: la zona non è ancora così conosciuta dagli stranieri e pertanto questo aspetto dovrebbe costituire il principale obiettivo di ogni imprenditore di questo territorio, in una necessaria sintesi fra esperienza ed energia, fra amore per il passato e una giusta cultura d’impresa che vada ad identificare in modo chiaro ed efficace la propria storia, i propri valori, la propria vocazione, la propria immagine, insomma la propria identità per poterla trasmettere insieme al senso di appartenenza alla propria terra.   

Epilogo.

Ovviamente nel mio tour non ho mancato di degustare i vini, precisamente 13 delle loro 18 etichette. Qui le mie preferenze:

Montefalco Rosso Riserva 2016

Blend di Sangiovese, Sagrantino e Merlot che affina per 20 mesi in barrique e almeno 6 mesi in bottiglia. Potenza e tipicità del vitigno, ma con una sua grande eleganza. Un naso di confettura rossa e marasche sotto spirito e un po’ di china. In bocca tanta avvolgenza e tannini integrati.

Montefalco Sagrantino  25 anni – 2015

Uve Sagrantino in purezza, raccolte accuratamente a mano. Questo vino matura per circa 24 mesi in barrique e per ulteriori 8 in bottiglia. Raffinato bouquet di mora, noce moscata, cacao e resina. Tannini tattili ma eleganti e morbidi.

Montefalco Sagrantino Passito 2016

Sagrantino in purezza. 15 mesi in barrique e almeno 12 in bottiglia. Sorso ricco e persistente, con tannini e zuccheri ben bilanciati.

Plus Noir Metodo Classico Brut

Pinot noir e Chardonnay al 50% e almeno 20 mesi in affinamento sui lieviti. Perlage molto fine, naso lievemente fruttato e un bell’equilibrio al palato

Spinning Beauty 2010

Questo vino fa parte della linea SIGNATURE che rappresenta il frutto di una sfida alla ricerca di “un vino che rimanga impresso nella memoria come esperienza unica”. Da Sagrantino in purezza proveniente dal più antico vigneto di selezione clonale, Monte della Torre, affina 8 anni in barrique di rovere francese e almeno altri 8 in bottiglia, ispirandosi ai classici mondiali dei lunghissimi affinamenti. In effetti ti sorprende al naso per la nota di incenso, che sottende ad un ventaglio olfattivo intrigante di confettura di piccoli frutti rossi, spezie e cioccolato amaro. Il sorso è fresco, di gran bella struttura. In etichetta l’ago ed il filo dorato sono la nota che richiama l’eleganza dell’altra attività di casa Caprai, la filatura del cachemire.