“La Chianti Classico Collection è ormai un evento di portata internazionale. Unico grande protagonista il vino Chianti Classico presentato quest’anno con 790 etichette, di cui 185 di Gran Selezione e 40 campioni da botte della vendemmia 2024, una vendemmia che ci riserverà grandi soddisfazioni. Il tema della Collection 2025? Siete stati accolti da un Gallo verde e non nero fatto di piante vere, e da frasi e parole che richiamano e guardano alla sostenibilità nel territorio della nostra denominazione perché, sebbene lo avessimo già lanciato lo scorso anno, il tema della sostenibilità è ciò su cui lavoreremo fortemente quest’anno. Una sostenibilità non scontata, non per tutti ma sicuramente per tutti i produttori del Chianti Classico.”

Ha esordito cosí la Direttrice del Consorzio Chianti Classico, Carlotta Gori, in apertura della conferenza stampa di inaugurazione dell’evento annuale alla Leopolda con 370 giornalisti accreditati, alla presenza ovviamente del Presidente del Consorzio, Giovanni Manetti, nonché del Vicepresidente del Senato, Gianmarco Centinaio e del Presidente e Vicepresidente della Regione Toscana, Eugenio Giani e Stefania Saccardi.
“La cura dell’ambiente, delle comunità e del patrimonio culturale noi l’abbiamo radicata nel modo di lavorare delle nostre aziende e dei cittadini di questo territorio. Pertanto chiederemo alle aziende di impegnarsi in un percorso che prevederà il rispetto di 58 regole per poter ottenere la certificazione ufficiale di questa sostenibilità” ha poi continuato il Direttore.
E’ appunto questa la novità dell’edizione 2025 della Chianti Classico Collection.
Il Consorzio ha chiesto ai suoi 500 associati di condividere un Manifesto di Sostenibilità e il 48% delle aziende che operano sull’intera filiera e il 53% dell’intero Vigneto Chianti Classico hanno accolto la sfida.
I tre capisaldi di questo progetto di sostenibilità sono ambiente, comunità sociale e cultura, dove la difesa del territorio si realizzerebbe attraverso la tutela di elementi primordiali come acqua e terra, quella del paesaggio grazie all’opera dei produttori custodi e quella delle comunità locali tramite la conservazione di tradizioni e saperi e l’interazione con i non residenti. E tutto in nome di una continuità produttiva che possa garantire un futuro alle successive generazioni.
Da dati consortili, tre aziende su quattro risulterebbero impegnate attualmente a preservare l’ecosistema in vigna, favorendo l’utilizzo di compost naturali (37%) o dei sottoprodotti del processo di vinificazione (52%). Sono presenti piante mellifere in circa un’azienda su tre – che corrisponde al 27% degli ettari censiti – perché gli impollinatori sono fondamentali per la riproduzione della flora, oltre ad essere un importante indicatore biologico dell’ambiente. Ad oggi il 61% delle aziende è in possesso della certificazione di conduzione biologica, mentre quasi la metà di esse utilizza anche fonti energetiche alternative (45%) e si impegna nella riduzione del peso delle bottiglie (65%) e nel riuso di materiali come vetro e carta (54%). Se consideriamo poi il paesaggio come trait d’union tra la natura e l’intervento umano, anche azioni come il recupero e il mantenimento dei muretti a secco, dei terrazzamenti o delle strade bianche costituiscono un concreto impegno nella tutela del territorio.



In merito alla sostenibilità culturale possiamo tranquillamente dire che il paesaggio chiantigiano sia una perfetta alternanza di natura brada e presenza umana: difatti due terzi del territorio sono in prevalenza bosco e il resto colture di vite, olivo e seminativi. La presenza dell’uomo si esprime però anche in un’articolata rete di edifici storici, parchi, viali, reti interpoderali e giardini che raccontano la storia della Toscana rurale degli ultimi 600 anni e che il 79% delle aziende si impegna a manutenere e restaurare. Il Direttore del Consorzio ha dichiarato tra l’altro: “Vogliamo rendere la sostenibilità culturale intelligibile anche per il consumatore mettendo un simbolo dedicato in etichetta dei vini di chi si certificherà “.
Infine si propone una sostenibilità sociale che dovrebbe invece trovare la sua espressione nell’attenzione verso i lavoratori: pensiamo p.es. alla parità di genere nella composizione dell’organico aziendale o all’attivazione di percorsi di inclusione sociale.
Andamento stagionale sul territorio

L’annata 2024 ha vissuto un inverno con temperature nella media e precipitazioni piovose regolari. Febbraio e marzo sono stati mesi particolarmente miti, con assenza di gelate o particolari eventi di grandine, mentre in aprile e maggio le temperature sono scese sotto la media provocando un rallentamento dello sviluppo vegetativo della vite. Il territorio ha poi affrontato senza difficoltà le temperature elevate dell’estate: il ciclo della maturazione si è prolungato grazie alle piogge di fine agosto e dei primi di settembre insieme ad un calo significativo delle temperature e ad escursioni termiche notevoli che hanno permesso un periodo di raccolta più dilatato nel tempo. Le condizioni di clima fresco hanno portato alla maturazione fenolica delle uve, con una spiccata acidità ed un grado zuccherino non elevato che ha quindi determinato gradazioni alcoliche contenute.
“In sintesi la vendemmia 2024 è stata di buona quantità e qualità, tornando ai 300.000 hl di produzione, un volume che non si vedeva dal 2019, e una qualità che mi ha ricordato quella degli anni 80 e 90, con freschezza ed eleganza notevoli oltre un bella struttura e acidità; questo perché a settembre c’è stato un forte abbassamento della temperatura con un significativo rallentamento del processo di maturazione delle uve per poi pervenire ad una completa maturazione con gradazioni alcoliche finali che non hanno mai superato i 13-13,5 gradi. Un bel regalo della natura” ha dichiarato il Presidente del Consorzio, Giovanni Manetti.

Purtroppo l’annata 2023 ha scontato una stagione diversa: la primavera è stata la più piovosa degli ultimi anni e proprio a seguito di ciò i viticoltori si sono dovuti difendere da feroci attacchi di peronospora. Lo abbiamo constatato negli assaggi che per la quasi totalità hanno rivelato vini con tannini irrisolti e forte diluizione. Di contro, l’annata 2022 si è lasciata scoprire assai piacevolmente tramite le sue Riserve, di grande freschezza ed eleganza.
E dal punto di vista economico ?
Nonostante la complessa congiuntura internazionale, il Consorzio assicura che le vendite risultano equivalenti all‘anno precedente. I vini del Gallo Nero, distribuiti in 160 Paesi nel mondo, confermano come primo mercato gli USA, seguito da quelli italiano e canadese senza dimenticare l’esistenza anche di mercati minori come la Thailandia, la Croazia e gli Emirati Arabi Uniti. Il fatturato globale della denominazione è cresciuto del 2,4% ed il prezzo medio della bottiglia del 6,3%.
Le ragioni di tale performance sono da ricercare sicuramente nelle energie e risorse investite sulla qualità da parte dei produttori, oltre ad una determinata strategia consortile di valorizzazione del prodotto. L’introduzione della tipologia Gran Selezione*, a cui ormai hanno aderito ben 185 produttori, ha probabilmente permesso di aumentare la percezione positiva e la reputazione della denominazione del CC, oltre che il suo posizionamento sui mercati, riuscendo ad entrare nelle cantine dei grandi collezionisti così come nelle carte dei vini dei ristoranti più importanti.

È una tipologia (la Gran Selezione) che il Consorzio desidera tracci la direzione della denominazione, in termini di qualità e di valore della bottiglia, ulteriormente definita dall’introduzione, nel 2023, delle 11 UGA con la possibilità esclusiva di menzione in etichetta. In realtà il rafforzamento del rapporto fra vino e territorio specifico appare un’esigenza sentita principalmente dal consumatore più esperto ed esigente.
Non mancano comunque aspetti di criticità ed insicurezza futura rappresentati dalla possibile introduzione dei dazi sul mercato americano e da ventilate nuove norme sull’etichettatura sulla scia delle critiche salutiste nei confronti del prodotto vino, tema questo continuamente dibattuto nelle sedi istituzionali così come nell’ambito dei social media dove ormai genera siparietti fra il comico e l’imbarazzante. E qui mi taccio essendomi già espressa in un pezzo dedicato.
Viaggiando nel Chianti Classico
La zona del Gallo Nero si estende su circa 70.000 ettari tra Firenze e Siena. Si tratta di un territorio con tre secoli di storia socioeconomica e culturale ben raccontati nella mostra permanente “Millesettecentosedici” ospitata presso la Casa Chianti Classico, oggi struttura consortile dedicata al pubblico. Perché Chianti Classico non è solo vino, ma anche tanto altro: fra i prodotti alimentari p.es. l’olio. Quest’anno la denominazione di origine protetta dell’olio di questo territorio, che conta circa 200 olivicoltori, compie 25 anni e festeggia anche i 50 dalla fondazione del suo Consorzio. La promozione turistica passa poi anche attraverso iniziative da vivere più “fisicamente” come la Gallo Nero, una cicloturistica per amatori che annualmente richiama appassionati da tutto il mondo (www.lagallonero.it ).
ASET (Associazione Stampa Enogastroalimentare Toscana) sempre presente
La XIII edizione del premio dedicato a Giulio Gambelli, organizzata dall’ASET e conferito all’enologo under 40 che più di altri si sia avvicinato al modo di interpretare il vino e il Sangiovese da parte del maestro Gambelli, ha visto aggiudicare l’ambito riconoscimento a Marco Zito, enologo livornese di origini campane.

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* Si tratta di una tipologia con uvaggio minimo del 90% di uve sangiovesi prodotte da vigna singola o da selezione delle migliori uve esclusivamente di proprietà aziendale, con un invecchiamento minimo di 30 mesi. La Riserva e il vino d’annata devono invece avere in uvaggio un minimo del 80% di Sangiovese ed un invecchiamento minimo di 24 mesi per la prima e di 12 mesi per il secondo.