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Franciacorta, terra di bollicine, con una storia iniziata nel mondo della spumantistica a metà degli anni ’50 grazie all’incontro fra Guido Berlucchi e l’enologo-pioniere Franco Ziliani.

1500 ettari di suoli morenici vitati a Chardonnay, Pinot noir, Pinot bianco ed anche Erbamat, antico vitigno reintrodotto nel 2017: oggi 840 sono destinati alla produzione della DOCG con oltre tre milioni di bottiglie. I luoghi? I territori di Capriolo, Erbusco, Bornato, Rovato, Provaglio e Iseo in provincia di Brescia.

In passato è sempre stata la Franciacorta ad aprire la vendemmia italiana – le basi spumanti hanno bisogno di uve raccolte in anticipo per mantenere alta l’acidità -, ma quest’anno, dopo una stagione caratterizzata da un inizio di primavera freddo e un’altissima piovosità estiva, si sono verificate molte differenze di “partenza” sullo stesso territorio. Le aspettative del Consorzio Franciacorta sono comunque positive: le viti, si sa, sono esseri robusti e, se trattate con competenza, anche in grado di restituire risultati non comuni, come in Franciacorta dove i risultati sono oggi decisamente migliori rispetto a vent’anni fa. 

E’ un territorio che possiede una decisa attitudine commerciale, capace di non inseguire il mercato ma di guidarlo, arrivando anche ad imbottigliare una quantità superiore al venduto. Pensiamo al Franciacorta Brut, il prodotto di entrata della denominazione che possiede però precise differenze qualitative fra le diverse aziende: un gruppo di aziende storiche lo ha interpretato da sempre come un vino più accessibile ma identitario del territorio, mentre i prodotti di altre sono stati fortemente caratterizzati dai loro vigneti o da una diversa filosofia produttiva, conservando comunque uno stile comune oggi rappresentato da una spumantizzazione metodo classico molto moderna, che conserva l’integrità del frutto con l’aggiunta di qualche nota più complessa. A dir la verità negli ultimi anni si è sviluppata una ricerca estrema del frutto, un poco a scapito della complessità della struttura mirando evidentemente ad una beva più immediata.

In tale contesto generale, l’azienda Montina a Monticelli Brusati (BS) ha appena presentato,con una degustazione guidata da Nicola Bonera, miglior sommelier 2010, il suo nuovo prodotto Dosage Zéro, un blend di Chardonnay (75%) e Pinot noir (25%), dove il 10% dello Chardonnay ha fermentato in barrique e tonneau. Le uve provengono dalle aree moreniche di Fantecolo e Monterotondo, terreni ricchi di scheletro che esaltano la freschezza e l’acidità dei vini. Affinato 36 mesi sui lieviti e senza dosaggio, ha una produzione limitata a meno di 5000 bottiglie andando ad arricchire ulteriormente la linea di questa storica azienda franciacortina, con l’intento di catturare l’essenza autentica di questo territorio. Si tratta di un prodotto dal perlage molto fine e cremoso, leggermente tostato con preminenza di frutto giallo e aromatica secca, dal sorso equilibrato e fresco.

La nascita del Dosage Zéro Franciacorta è per noi come la nascita di un figlio: un evento speciale che richiede tempo, dedizione e attenzione” ha commentato Michele Bozza, presidente e amministratore delegato di Montina.

Ad aprile di quest’anno La Montina ha anche deciso un nuovo posizionamento del brand e dell’identità visiva attraverso la scelta del naming Montina, insieme al ritorno, nel logo, della tiara papale e dei leoni simbolo di Brescia, come a voler comunicare il legame profondo con il territorio che ha dato origine a tutta la storia aziendale nonché omaggiare il valore e la tradizione tramandati dalle generazioni precedenti: i fondatori di Montina, gli avi di Papa Paolo VI e i viticoltori della famiglia Bozza.

Il nostro Franciacorta nasce dalla cura e dal rispetto per la terra che gli dà vita, dall’impegno di chi la lavora. E siamo felici di presentare la sua nuova identità: il nostro nuovo nome diventa Montina. E la tiara papale, nella nuova identità visiva, rimanda alle nostre origini” ha raccontato infatti Michele Bozza.

Nel 1620 la proprietaria della casa padronale era una nobile famiglia bresciana facente capo a Benedetto Montini, avo di Papa Paolo VI, il cui cognome originò il toponimo Montina. Nel 1982 tre dei sette fratelli Bozza, Giancarlo Vittorio e Alberto, acquistarono una proprietà delle Monache Dorotee in Contrada Baiana fondando, quattro anni dopo, La Montina, in un momento in cui la Franciacorta si stava affermando come uno dei più innovativi territori nel panorama enologico internazionale. I valori della famiglia Bozza sono stati tramandati ai figli Michele, Daniele e Anna, che oggi li interpretano con una prospettiva innovativa e tecnologica.

Montina è un microcosmo, una meta enoturistica che offre un percorso di visita guidato che va oltre il semplice assaggio del vino. I 12.000 mq di proprietà ospitano anche un’enoteca e una galleria d’arte contemporanea, interna alla grande cantina scavata nella collina, che ospita regolarmente mostre personali di artisti contemporanei nazionali e internazionali, offrendo loro la possibilità di esporre le proprie opere in un singolare percorso museale che si snoda tra sala, cantine e vigneti. A completamento, un centro congressi e la storica Villa Baiana del XVII secolo rendono la storica azienda vitivinicola meta turistica di eventi ed iniziative, testimoniando anche un profondo impegno nella promozione della cultura e dell’arte. Piccola nota pratico/informativa: la Villa è anche casa comunale, offrendo cosí la possibilità di celebrare matrimoni e riti civili immersi nei panoramici vigneti della Franciacorta.

I numeri di Montina. 72 ettari vitati per l’80% a chardonnay e 20% a pinot noir, distribuiti nei comuni di Gussago, Monticelli Brusati, Provaglio d’Iseo, Passirano, Rodengo e Rovato. 450.000 bottiglie vendute nel 2023, di cui circa il 92% Franciacorta, ad un mercato al 90% italiano.